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Jack Folla, un dj nel braccio della morte Mio figlio beve

Jack Folla, un dj nel braccio della morte

Mio figlio beve

Mi ha scritto Rosa Maria, una professoressa di storia cinquantenne, una donna colta, sensibile, intelligente. Ha un figlio ventitreenne, Gian Piero, che si è appena laureato. È separata, il figlio vive con lei. Suo figlio beve da quando era bambino. La prima volta che lo scoprì fu uno choc, perché lo ha visto, fisicamente, su Internet. Non è stato un belvedere per una mamma. Era un video postato dai ragazzini della scuola. Gliel'aveva girato un'amica: "Non è tuo figlio?" Erano tutti in cerchio intorno al suo bambino che allora era timido e grassottello. Età? Dodici. Non si capiva se fosse una scommessa o una sfida folle. Tutti incitavano il suo "Gianpi" a tracannare ancora e ancora una bottiglia di vodka. E lui la beveva come acqua da una fontanella. Finché cadde a terra, svenuto. Tutti fuggirono come rondini a uno sparo. Tranne il videomaker anonimo. Chissà chi era quell'imbecille che continuava a riprendere la scena, invece di chiamare un'ambulanza, pensando ai like che avrebbe incassato. Sono trascorsi dieci anni da quel giorno, racconta Rosa Maria. Non c'è bisogno che vi dica, miei albatros, che lei e suo figlio hanno provato, con risultati altalenanti, tutte le dure strade della riabilitazione, dalle comunità di recupero alla psicoterapia.

05 Lug 2022