
Tre soldi L'Ambasciata italiana a Santiago: storie a 50 anni dal golpe cileno
L'Ambasciata italiana a Santiago: storie a 50 anni dal golpe cileno
L'11 settembre del 1973 il Cile vive il più triste dei suoi giorni: il generale Augusto Pinochet guida un colpo di Stato per mettere fine al governo socialista di Salvador Allende. La Moneda, il palazzo presidenziale cileno, viene bombardato, Allende muore e nelle strade di Santiago comincia una vera e propria caccia all'uomo. Chiunque possa essere contrario al golpe e alla dittatura viene catturato, torturato, ucciso e, in molti casi, fatto sparire. Uno dei pochi modi con cui ci si poteva salvare era quello di entrare in una delle Ambasciate presenti a Santiago e farsi accogliere come rifugiato politico. L'Ambasciata italiana a Santiago, nel 1973, aveva un muro abbastanza basso da poter essere saltato e l'Italia non voleva riconoscere la dittatura di Pinochet come un governo legittimo. Così, grazie a un muro troppo basso e ai funzionari dell'Ambasciata che hanno rischiato la loro vita, centinaia di persone sono state salvate da morte certa e portate come rifugiate in Italia. A 50 anni dal golpe, ripercorriamo la storia dell'Ambasciata italiana a Santiago del Cile con tre testimonianze eccezionali: Adriana Ahumada, Hector Carrasco e Victoria Saez, tre rifugiati nell'Ambasciata che ci raccontano come si sono salvati, la loro vita in Italia e il ritorno in Cile. "L'Ambasciata italiana a Santiago: storie a 50 anni dal golpe cileno" di Elena Basso.