Xenos -

Nell'antica Grecia, ai tempi di Omero, Xenos significava straniero, ospite, amico, era il viandante al quale si mostrava rispetto e ospitalità. Cosa rimane, oggi, di questo senso di alterità, del reale desiderio di conoscenza di altre culture? Dove si è perso il linguaggio dell'accoglienza per far posto invece alla paura, trasformando spesso un bene prezioso in un nemico? Il podcast Xenos recupera lo spirito costruttivo dell'accezione originaria del termine attraverso le voci di molti stranieri, arrivati in Italia per cercare un approdo lontano da guerre, povertà, persecuzioni. Straniera è anche la persona straordinaria ma invisibile perché dotata di differenti abilità. Migranti e disabili, a loro è offerto spazio e tempo per rompere le proprie solitudini e presentarsi rivelando talenti, aspirazioni. Per abbattere i pregiudizi e crescere nella reciprocità. Xenos è un podcast scritto e realizzato da Sandra Salvato e Antonella Palermo con la collaborazione tecnica di Emanuele Donnini. Musiche originali di Riccardo Brizzi e Michele Mingrone, con effetti e supervisione di Sergio Nachira. Hanno contribuito: Trio GoInBa, Stefano Indino, Ady Cohen, Franco Baggiani, Filomeno Lopes. La copertina è dell'artista Riccardo Brizzi. Il programma è presentato da Federcasse.

Episodi

1. Via da El Salvador e dalla Colombia verso un altrove senza spari

Da un El Salvador sotto scacco delle gang armate, Marvin e sua moglie Xiorama emigrano a Milano. Investimenti negli studi alle spalle, ora lui è portinaio stimato, lei in cerca di un impiego. Un'unione forte e il desiderio comune di crescere qui i figli che verranno. In Colombia, Brian resta cieco per un incidente provocato dall'uso di una pistola da parte di un bambino ad una festa. Si stabilisce a Catania dove abita dedicandosi all'arte, antidoto al pregiudizio altrui e alla solitudine. All'attivo un'autostima fortissima e una laurea da interprete.

2. La scrittura e l'amore: per salvare "la pelle" e guarire dalla solitudine

Il giovane Bakari arriva in Italia dal Gambia, approdando nel 2015 con un barcone a Porto Augusta. Da 107 che erano, sono arrivati in 70. Minorenne non accompagnato, è risalito verso Livorno e non si è più mosso da qui. Gira per le scuole raccontando la sua storia e i suoi sogni: la scrittura, il salvagente più grande, e l'insegnamento. Una malattia degenerativa della pelle costringe Claudia in carrozzina. Una pelle di velo eppure coriacea, con la quale combatte lo stigma desiderando una famiglia dove l'amore guarisce e riabilita.

3. La voce per lottare, la voce per comunicare

Abraham è un giovane eritreo. La traversata del deserto, il sequestro in Sudan, le carceri libiche, le acque del Mediterraneo e la risalita fino a Bologna: la libertà e il rispetto dei diritti umani come unica bandiera. Qui la laurea in Scienze Agrarie e il sogno di ritrovare le proprie radici. Quelle di Rodrigo, ragazzo autistico, sono i suoi genitori, cantanti lirici. L'ascolto della musica e di ogni genere di suono lo hanno disseppellito dal mutismo. Gli diamo un microfono per far affiorare aneddoti e scardinare i muri della diffidenza.

4. Superare i muri: nelle architetture di potere e in quelle della città

Donna magistrato in una terra, il Venezuela, dove il sistema giudiziario è continuamente minato nella sua indipendenza e autonomia. Lei è Indira che, per sfuggire a una logica basata su abusi di potere e corruzione, è dovuta migrare in Italia, accettando anche lavori umili pur di diffondere una cultura di rispetto dei diritti e della libertà. Diritti... chi difende quelli di un distrofico? Riccardo si scontra ogni giorno con barriere e ostacoli: muri di cemento, più spesso muri di gomma. Ma la penna e lo sport sono l'appiglio più sicuro e vincente.

5. Realizzarsi oltre le ambizioni e le parole

L'Italia come l'America. Nabil è di Damasco, città che lascia per un futuro migliore. Dopo una breve parentesi in Libano, trova Tarvisio, terra di frontiera e compromessi. Avrebbe voluto fare l'Università, ma la vita costa e bisogna mantenersi. Prima operaio in fabbrica, poi badante, la strada per l'inclusione è sempre più impervia. Col proprio guardagno Nabil mantiene anche i fratelli in una Siria sfibrata dalla guerra. Seppure in altro senso, la vita di Marco, con ridotta capacità verbale a causa di una paralisi cerebrale alla nascita, è una lotta quotidiana per non sentirsi "straniero". Tuttavia, la determinazione è più forte delle parole non dette e prestate dalla CAA (Comunicazione Alternativa Aumentativa). Si laurea con successo in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione a Pisa.

6. Ucraina: il coraggio di restare o lasciare andare

Xenos dedica una puntata speciale all'Ucraina per guardarla fuori e dentro i suoi confini con gli occhi di due donne forti, capaci di scelte rischiose. Vera vive a Kiev, melting pot di culture diverse dove è voluta rimanere nonostante la guerra. Parla volentieri in italiano, appreso durante un'esperienza lavorativa nel nostro Paese, ma non più in russo, lingua ormai nemica. L'àncora di salvataggio di Masha si chiama, invece, Fondazione Paideia. Ospite di un istituto ucraino dove risiedeva per una paralisi cerebrale infantile, viene evacuata verso Kharkiv e Dnipro prima di trovare una via di uscita attraverso la Polonia. A Torino, la riabilitazione fisica diventa un gancio per quella emotiva: tornano i sogni di una vita normale, in famiglia, con nuovi amici.

7. Gli occhi interiori per guardare oltre e plasmare bellezza

Elena si è trasferita in Italia dalla Romania una ventina di anni fa. Tenace, intraprendente, attitudine spiccata a imparare lingue, culture e mestieri. Mentre accudiva come badante un'anziana signora, periodicamente si recava in Africa per aiutare famiglie in difficoltà. In Uganda ha conosciuto il suo amore Samuel. Vivono a Roma con la loro bimba Esther, lui è diventato uno chef. Felice, in Romagna, è uno scultore di fama internazionale, ipovedente. Grazie all'arte non solo riesce ad andare oltre il suo limite, ma offre un altro modo di comunicare e "guardare oltre". Dai blocchi di marmo, l'affondo nel cuore di una umanità pulsante.

8. La casa e la pelle, due spazi intimi nei quali tornare a riconoscersi

Fuggire dalla propria casa quando lo spazio è una gabbia. È accaduto a Zabina che dal lontano villaggio di Wakema, al confine tra Myanmar e Thailandia, è riuscita ad approdare a Palermo, dove vive. Di etnia Kayin, racconta le sopraffazioni subite dal regime birmano, le sue speranze di poter finalmente studiare senza discriminazioni. A Napoli c'è il vulcanico Luca. Vittima di un incidente, è rimasto gravemente ustionato in gran parte del corpo. Riconoscersi con una nuova pelle, farci i conti per sempre, ma non demordere, nemmeno fermarsi di fronte alle passioni di sempre, come la musica. Con mani deformi riesce ancora a suonare.

9. Quel senso di estraneità che non finisce mai

E' stato uno dei primi ad arrivare nel nostro Paese negli anni '80. Per farlo, Ramile, originario di Mabini nelle Filippine, ha dovuto pagare agenzie illegali e scappare attraverso i boschi rincorso da fame e polizia. Come tanti suoi connazionali, oggi è un collaboratore domestico, eppure non riesce a lavare via quel senso d'ingiustizia, di eterna diffidenza verso lo straniero che la strada percorsa gli ha incollato addosso. Lo sa bene Samira, nel cui nome sono scritte le radici arabe, portatrici di una cultura che, nel suo racconto, l'hanno esclusa fino a colpevolizzarla per essere nata con una disabilità. La sua si chiama tetraparesi spastica da paralisi cerebrale, ma non ha minato né indipendenza né traguardi.

10. La libertà di essere che nasce da una conquista o da una perdita

Nas fugge dall'Afghanistan dove ha visto morire il padre per mano dei talebani. Le aspre montagne iraniane e l'inumanità delle prigioni ungheresi non fermano questo ragazzo di lingua pashtu in cerca di un futuro possibile altrove. In Italia conosce i centri di accoglienza e subito dopo il calore della comunità veneta, che gli insegna un mestiere, quello del pizzaiolo, e gli offre una libertà mai assaporata prima. Ma ciò che manca non è detto significhi menomazione. Nel caso di Valeria, con un'ipoclusia neuro-sensoriale bilaterale dalla maggiore età, la sordità è sinonimo di nuova bellezza, di un'armonia che fa molto più rumore del mondo là fuori.

11. Obbedire a capi e destini avversi, poi liberarsi e ritrovarsi

Darika, nome di fantasia, ha lasciato le terre più fertili del pianeta, nel Punjab, per raggiungere madre e fratelli già trasferiti in Italia. Nonostante lo sfruttamento del caporalato nei campi, un matrimonio imposto e una figlia che la rifiuta, manipolata dai nonni paterni, questa donna, ora cameriera, continua a battersi per salari adeguati e per trovare un centro alla propria vita. Chi il bersaglio lo mira con trionfi olimpici è Stefano, campione di tiro con l'arco. Scocca le sue frecce dalla carrozzina dove siede dopo un incidente in mountain bike: riconoscersi in un corpo che risponde a metà ma che spiazza e si prende le rivincite.

12. Dare fiducia: il presupposto e il fine di ogni autentica inclusione

Ultima puntata per conoscere lo straniero che ci abita vicino e per scoprirci stranieri noi stessi e non averne paura. A suggellare il progetto, il racconto di chi resta ed è aiutato a farlo, oppure di chi viaggia non verso ideali eldoradi ma, al contrario, verso Paesi in via di sviluppo. In Togo, Salami è un imprenditore che aiuta giovani e donne a valorizzare l'agricoltura tradizionale in funzione della produttività. In Ecuador, Bepi continua da cinquant'anni ad assistere le fasce deboli della popolazione in partnership con Federcasse. Dare credito, ovvero dare fiducia. Per promuovere autonomia e inclusione.